giovedì 30 aprile 2020

I nobili Cestari, la città di Vasto e dintorni

                                chi sono questi Cestari??     [documento in aggiornamento   03-05-2020]
 


                                       Tratto dall'Araldo almanacco nobiliare napoletano 1891  (A.  XIV)

                                                                      CESTARI

                                          Del Registro dei Feudatari — Residenza: Napoli

Famiglia originaria di Bologna e trapiantata in Napoli nella prima metà del secolo XVI. Riconosciuta nella sua antica nobiltà e dichiarata meritevole di speciali considerazioni per importanti servizi resi allo Stato , con Diploma I maggio 1586 venne decorata nella persona del Milite e Cavaliere Aurato Orazio Cestari di Napoli di novella nobiltà , con la formula dei quattro avi paterni e materni, e si riconobbero lo sue antiche insegne gentilizie, alle quali poi con successivo diploma del 9 dicembre 1588 si apportarono alcune modifiche e si aggiunse la facoltà di cimarle con la corona di oro. Chiara per uffici e dignità o per nobili parentele, venne con Real Privilegio del 13 agosto 1682 decorata del titolo di Conte, del quale trovasi tuttavia in possesso, e che si aggiunse talvolta al predicato di Scapoli per 1'omonimo feudo posseduto. Finalmente, avendo dimostrato all'abolito Tribunale Conservatore della Nobiltà del Regno il continuato possesso di feudi per un periodo di oltre anni duecento, venne ascritta al Registro dei feudatari, e dichiarata più tardi dalla già Commissione dei titoli di nobiltà ammissibile nelle Reali Guardie del Corpo. 

Arma — Di azzurra alla fascia di rosso accompagnata da tra cesti di oro, due nel capo ed uno nella punta.

 figliuola del il conte Francesco Cestari (as. al Reg. Fd. †18 giu. 1836) e marito della fu essa Eleonora d'Avalos dei duchi  di Celenza ( †11 gen. 1828). ebbe una figliuola, la contessa MARIA TERESA CESTARI baronessa di Scapoli. Francesco morì giovane in duello.

il fratello di Francesco e zio di Teresa, di nome Carlo Cestari (Napoli, 6.1.1806 ,† ivi 9.3.1875) fu sottobrigadiere della Compagnia delle Reali Guardie del Corpo dell'esercito borbonico. Teresa
ereditò quindi anche da Carlo. Il ramo principale della famiglia Cestari si estinse purtroppo con la contessa Teresa Cestari.
 
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                                            Sentenza del 1891     su questioni vastesi [n.d.t. Ponzi leggasi Ponza]

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sabato 4 aprile 2020

il maestro campanaro del 1300 da Acquaviva d'Isernia



articolo  di Franco Valente dalla sua pag. facebook del 04 04 2020
<<NICOLA, IL MAESTRO CAMPANARO DI LICENOSO, dalle parti di ACQUAVIVA D’ISERNIA.

Come si costruisce una storia con due parole e una mappa geografica.
Le parole sono “Sancto Angelo de Lecinoso”, la mappa è quella della Valle del Volturno. Però bisogna aver letto il Chronicon Vulturnense.
.
Ho il privilegio di essere amico del prof. Giuseppe D’Onorio di Veroli che è uno dei maggiori esperti di campane al mondo.
Qualche anno fa mi chiese se sapevo dove poteva trovarsi una località che si chiamava Licenosa che egli sospettava essere dalle parti di Colli a Volturno, anticamente “Colli Sancti Angeli”..
Giuseppe D’Onorio aveva trascritto una complicata epigrafe di una bellissima campana che aveva scoperto sul campanile della Chiesa–Collegiata di S. Lorenzo a Picinisco.
Una campana che originariamente si trovava nell’altra chiesa di S. Maria Assunta, anch’essa di Picinisco.
Questa la scritta:
AVE MARIA GRA(tia) PLENA D(omi) N(us) TEC(um) ET VERBUM CARO FACTUM E(st) (et habitavit) I(n nobis)
A(n)NO D(omi)NI MCCCLXXI + M(a)G(iste)R NIC(olaus) D(e) S(anct)O ANG(e)LO D(e) LICENOSA ME FECIT
(Ave Maria piena di Grazia. Il Signore è con te ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Anno 1371 il maestro Nicola di S. Angelo di Licenosa mi fece).
La questione è particolarmente interessante perché conferma, cosa sicuramente nota, che le campane venissero fuse ai piedi del campanile in cui dovevano essere poste.




Certamente fare una campana presentava difficoltà straordinarie non solo per reperire il bronzo necessario, ma anche e soprattutto per allestire il forno in cui fondere il metallo.
Non solo. Bisognava sapere quale forma dare alla campana perché, una volta fusa, producesse un suono che avesse un’intonazione che non si sarebbe potuto più modificare una volta montata.
Insomma le campane potevano essere fatte solo da maestri campanari che avessero una conoscenza sicuramente eccezionale della tecnologia e dei materiali da usare.
Un’operazione che presupponeva grande esperienza manuale e particolare capacità nella preparazione dello stampo in cui colare il bronzo fuso con il sistema cosiddetto a cera persa.
Fatta questa premessa rimaneva da conoscere da dove venisse questo Maestro Nicola di S. Angelo de Licenosa.






Ci aiuta il Chronicon Vulturnense che racconta ciò che accade nel Molise nel 1042 ben 250 anni prima della fusione della campana. (CHRONICON . Ed. FEDERICI, Vol.III , pag. 89)
Il primo normanno che appare nel territorio che corrisponde all’attuale Molise è Rainulfo Drengot che, inviato nel 1042 da Guaimario principe di Salerno su richiesta dell’abate Ilario che lo aveva chiamato per contrastare Pandolfo di Capua che, alleatosi con i Borrello, aveva usurpato le terre di S. Vincenzo che vanno da Alfedena fino a Colli a Volturno: Iam filii Borrelli super filios Anserii surrexerant, et uno occiso per fraudem, aliis fide captis, Alfedenam, Montem Nigrum, et alias terras huius monasterii abstulerunt, et cetera invadere ceperunt, Buscurri, Mala Cocclaria, Rigu Neru, Cerrum cum Spina, et Aqua Viva, Tenzunusu, Licenosum, Collem Stephani et ceteras terras .
Tra le terre che erano state usurpate da Pandolfo di Capua e dai Borrello, dunque, appare anche LICENOSUM.
Questa è l’unica citazione che riporti il nome di questa località che doveva trovarsi tra Cerro al Volturno e Acquaviva, non molto distante da Colli.
In realtà, apparentemente, oggi non esiste più la località di Licenosum, ma se si esamina l’attuale cartografia si scopre che proprio al confine di Fornelli, nel territorio di Acquaviva d’Isernia sopravvive il toponimo di Ricinoso che, evidentemente è una corruzione dell’originale Licenoso.
Si tratta di un cosiddetto “rotacismo” che è il p assaggio di un'articolazione fonetica in “r”, come nel caso molisano di un originario Calvello che è diventato Carovilli.
Dunque, una sola parola (“Licenosum”) scritta mille anni fa nel Chronicon Vulturnense, e una frase quasi illeggibile su una campana di Picinisco, ci permettono di capire che nella valle del Volturno nel 1371 viveva un maestro campanaro che, con i suoi aiutanti, era in grado di disegnare e fondere campane.
Peraltro campane dalle forme perfette e dai suoni divini.>>
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