I cattolici e lo Stato italiano. Il 1922 e quel «Manualetto» devozionale di don Romeo Rucci
di Luigi Murolo
Ringrazio l’amico Remo Petrocelli per avermi segnalato l’esistenza di questo libretto devozionale pubblicato nel 1922 dall’allora parroco di S. Pietro R. R. (vale a dire, Romeo Rucci. Nome siglato, in quanto il sacerdote non si reputa autore, ma ordinatore e curatore dei materiali di fede e pietà religiosa in esso raccolti). Il «manualetto» – come viene definito – sembrerebbe rinviare al solo uso cultuale relativo all’inaugurazione della Cappella del Sacro Cuore (12 marzo 1922) voluta e realizzata dal canonico. Ho usato il condizionale per una ragione. Dietro questa scelta si coglie la forte natura ideologica che tale devozione assume in ambito cattolico (non dimentichiamo che, l’anno precedente [1921], padre Agostino Gemelli fonda a Milano la stessa Università cattolica intitolata al Sacro Cuore). E cioè la sottomissione dello stato alla chiesa che il pontefice Leone XIII aveva rivendicato con la lettera enciclica Annum sacrum del 25 maggio 1899:
[…] Questa universale e solenne testimonianza di onore e di pietà è pienamente dovuta a Gesù Cristo proprio perché re e signore di tutte le cose. La sua autorità infatti non si estende solo ai popoli che professano la fede cattolica e a coloro che, validamente battezzati, appartengono di diritto alla chiesa (anche se errori dottrinali li tengono lontani da essa o dissensi hanno infranto i vincoli della carità), ma abbraccia anche tutti coloro che sono privi della fede cristiana. […] Questa universale e solenne testimonianza di onore e di pietà è pienamente dovuta a Gesù Cristo proprio perché re e signore di tutte le cose. La sua autorità infatti non si estende solo ai popoli che professano la fede cattolica e a coloro che, validamente battezzati, appartengono di diritto alla chiesa (anche se errori dottrinali li tengono lontani da essa o dissensi hanno infranto i vincoli della carità), ma abbraccia anche tutti coloro che sono privi della fede cristiana. Ecco perché tutta l’umanità è realmente sotto il potere di Gesù Cristo. Infatti colui che è il Figlio unigenito del Padre e ha in comune con lui la stessa natura, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3), ha necessariamente tutto in comune con il Padre e quindi il pieno potere su tutte le cose. Questa è la ragione perché il Figlio di Dio, per bocca del profeta, può affermare: “Sono stato costituito sovrano su Sion, suo monte santo. Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio; io oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (Sal 2,6-8). Con queste parole egli dichiara di aver ricevuto da Dio il potere non solo su tutta la chiesa, raffigurata in Sion, ma anche su tutto il resto della terra, fin dove si estendono i suoi confini. Il fondamento poi di questo potere universale è chiaramente espresso in quelle parole: “Tu sei mio Figlio”. Per il fatto stesso di essere il figlio del re di tutte le cose, è anche erede del suo potere universale. Per questo il salmista continua con le parole: “Ti darò in possesso le genti”. Simili a queste sono le parole dell’apostolo Paolo: “L’ha costituito erede di tutte le cose”(Eb 1,2). […] Ma ciò avverrà solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di Cristo e a lui si sottometteranno […].
La consacrazione dell’umanità al “Sacro Cuore” rivendica il pieno potere temporale (e in tutte le sue implicazioni geopolitiche) della Chiesa sul mondo. Quella temporalità che l’ingresso dei bersaglieri a Roma il 20 settembre 1870 aveva spezzato e che vedeva la stessa Legge delle guarentigie (13 maggio 1871) fermamente respinta da Pio IX. Non solo. Ma il “Sacro Cuore” di Leone XIII veniva a concretizzare in forma religiosa e devozionale ciò che la Ubi nos di Pio IX (15 maggio 1871) aveva confermato sul piano dei rapporti politico-statuali. E cioè, che il potere spirituale non poteva essere considerato disgiuntamente da quello temporale.
Di grande interesse storico, dunque, il «manualetto» per anime pie curato da don Romeo Rucci. Si presenta come la testimonianza più eloquente del modo in cui, sul versante locale, i parroci si sforzino di educare i laici alla pratica della confessionalità attiva. Della chiesa che si fa stato e che occupa i gangli della stessa cultura con l’istituzione di una propria università (la Cattolica, per l’appunto) destinata alla formazione del laicato. Di quel «qualcosa», cioè, che, di lì a poco (11 febbraio 1929), tra pedagogia e azione, sarebbe riuscito a produrre quei Patti lateranensi restauratori della temporalità ecclesiastica. Del resto, non era stato forse Benedetto XV – pontefice tra il 1914 e il 1922 – a abrogare nel 1919 il non expedit e a favorire la nascita del Partito popolare?
Non vi sono dubbi. Il “Sacro Cuore” di don Romeo era pienamente inscritto in questa tradizione.
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