TESORI DELL'ALTO VASTESE
Il convento di San'Antonio a San Buono.
L'ordine francescano, dopo i primi due secoli di espansione, non aveva esaurito "il proprio slancio vitale" e le crisi o i fermenti all'interno dell'Ordine tra la fine del XIV e gli inizi del XVI secolo, sono manifestazioni di vitalità di questo movimento, che portò alla nascita di una nuova famiglia francescana degli Osservanti. Questa nuova famiglia si distingueva dalla prima per le modalità insediative e per le forme architettoniche dei nuovi edifici. Nel Vastese si ha la presenza degli Osservanti sin dalle origini con i conventi di: Sant'Onofrio di Monteodorisio in località Cantalupo (1420); Sant'Onofrio di Vasto (1440); San Bernardino da Siena sempre a Monteodorisio (1460), a seguito dell'abbandono di quello precedente perché ritenuto non adatto il luogo;
Sant'Antonio da Padova di San Buono (1500 o 1575); Santa Maria del Monte Carmelo di Palmoli (1583) e San Donato di Celenza sul Trigno (1598). I conventi di Monteodorisio e Vasto erano collocati fuori le mura della città e in questo caso abbastanza distanti, come dai programmi insediativi della nuova famiglia (l'unica eccezione in Abruzzo su oltre quaranta conventi è il San Bernardino de L'Aquila).
Al di là delle motivazioni spirituali, evangeliche, culturali ed economiche di questa scelta, a cui si rimanda in bibliografia per gli approfondimenti, si deve aggiungere che questi conventi si presentavano, almeno agli inizi del nuovo movimento come "organismi omogenei". La chiesa presenta dimensioni ridotte, normalmente ad aula unica, non più distinta dalla fabbrica conventuale, la sua
lunghezza corrisponde ad un lato del chiostro. Gli esempi di Vasto e Palmoli sembrano corrispondere a questi canoni (per quanto la facciata principale del convento di Palmoli presenta un rivestimento con intonaci e cornici cementizie di epoca moderna), le chiese conventuali di Celenza sul Trigno e San Buono si distinguono la prima per una facciata moderna, sebbene d'epoca, e la seconda per una facciata molto particolare, frutto della committenza della potente famiglia Caracciolo, dove si è di fronte ad una grande "tarsia marmorea" all'aperto (purtroppo molto danneggiata durante i restauri del 1992), ove si vedono una mediazione riuscita "tra toni colti; accenti popolareschi e influssi del meridione" (cfr.L. Bartolini Salimbeni). L'unico caso in cui viene rispettato l'impianto ad aula unica si trova a Palmoli, negli altri casi di San Buono e Vasto sono presenti, verso il lato esterno, una serie di tre vani comunicanti tra loro, adibiti a cappelle che formano una navata minore.
Il caso anomalo rispetto alle disposizioni francescane, è rappresentato dal San Donato di Celenza sul Trigno, con chiesa trinavata. Tutte le chiese avevano, dietro l'altare maggiore, il retrostante coro, purtroppo l'unico sopravvissuto è quello, probabilmente seicentesco, di Celenza (negli altri conventi i cori sono stati trasferiti, nel caso di Vasto, o sono stati dispersi).
Nei primi secoli la chiesa, come per la famiglia dell'ordine dei Conventuali, doveva avere la volta solo nell'area absidale, mentre la navata aveva il soffitto a capriate. A Palmoli è presente una volta a crociera con costoloni e chiave di volta in pietra che, nonostante i rivestimenti barocchi, è simile alle volte dell'edilizia mendicante e dell'architettura cistercense, ma forse appartenente a un edificio di culto precedente dei secc. XIII-XIV.
Sulle pareti spesso si trovavano dipinti murali, affreschi votivi (come a Sant'Onofrio di Vasto sulle pareti superstiti dietro l'altare privilegiato) e altari in legno intagliato e scolpito (con eleganti finiture della superficie, a partire dal Cinquecento, come dorature, stuccature, lacche e policromie, come quelle del polittico di Celenza sul Trigno e del Sant'Onofrio di Vasto).
In epoca successiva tutte queste chiese furono rivestite di murature, pilastri, volte, intonaci e stucchi nel XVII secolo. Fonte Comune di s.Buono